In un mondo sempre più inquinato, è normale che i
consumatori sentano l’esigenza di avvicinarsi a prodotti naturali. Per questo
motivo, le composizioni bio hanno un carattere rassicurante. E i cosmetici non
sfuggono alla regola, grazie al fiorire di linee e marchi che si dichiarano
100% bio… o quasi.
Ma questa nuova rivoluzione giustifica l’abbandono delle formulazioni già testate?
Non del tutto…
Questa passione improvvisa per i prodotti 100% naturali, ritenuti più puri ed
efficaci, è un “ritorno alle origini”.
E’ a partire dagli anni sessanta, che la chimica ha trasformato la
cosmetologia, modificando textures, colorazioni e profumazioni, con l’inserimento
nelle formulazioni di derivati del petrolio che hanno permesso una migliore
conservazione dei prodotti. Allo stesso tempo, il progresso della scienza ha
consentito di isolare molecole chimiche attive per idratare e nutrire la pelle.
Pesticidi, farine di origine animale, ulteriore
danneggiamento del buco dell’ozono, sono tutti fattori che inducono il
consumatore finale a preferire una soluzione naturale, ma che sia garantita e
certificata.
Una delle regole maggiormente apprezzate è stata l’introduzione, nel 2005,
dell’obbligo di riportare in etichetta il PAO, period after opening,
informazione indicata tramite il simbolo di un barattolo aperto seguito
dall’indicazione del numero di mesi in cui il prodotto dopo il primo utilizzo
può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore, ovvero il lasso
di tempo massimo entro il quale il cosmetico deve essere utilizzato dopo
l’apertura.
E ancora, è importante informare che più conservanti sono presenti in quantità
significativa, maggiore è la loro aggressività. Fanno eccezione i flaconi
airless (diffusione a pressione con vuoto d’aria) privi di queste sostanze.
La domanda che ci si pone verte sulla qualità di cosmetici e ingredienti
definiti 100% bio. I produttori, dal canto loro, si trovano di fronte a una
scelta difficile. E’ meglio prendere in considerazione solo referenze di
origine bio, anche se la qualità è minore, oppure inserire nella composizione
ingredienti di qualità riconosciuta, anche se non provenienti da agricoltura
biologica? Non esiste una risposta, perché la produzione del bio non è ancora
uniforme e, soprattutto, è difficile assicurare una costante nella
formulazione.
Il boom delle Spa ha ricordato ai clienti gli atout della cosmesi naturale. Gli
oli essenziali, per esempio, hanno la proprietà di rafforzare la membrana
cellulare. Contenenti fino a 300 principi attivi, ricchi di acidi grassi
essenziali e di vitamine, queste sostanze si diffondono a livello cellulare.
I brand utilizzati nei centri benessere hanno ben compreso l’esigenza dei
consumatori, per dimostrare la loro filosofia green. Per accontentare ogni
richiesta della clientela, le Spa accostano un marchio bio ad uno di una data
gamma. La cosmetica verde risulta efficace e fidelizza la clientela.
Però per vendere bio è necessario credere realmente in questo concetto, perché
è difficile vendere una linea cosmetica verde a una clientela abituata a
prendersi cura della pelle in base alla sua tipologia (grassa, mista,
disidratata) e non nella sua globalità, come vuole la filosofia olistica.
Al di là di una specifica clientela già mentalmente preparata a questo tipo di
dinamica, è evidentemente difficile convincere tutti dell’efficacia dei marchi
bio, soprattutto perché la maggior parte dei brand non sono del tutto persuasi
della logica del verde e continuano ad appoggiarsi a formulazioni a zero rischi
e dall’efficacia scientificamente provata.
ARTICOLO SCRITTO DA ME E GIA' PUBBLICATO SUL SITO www.voir.it
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