martedì 21 luglio 2015

Parliamo di cosmetica naturale...



In un mondo sempre più inquinato, è normale che i consumatori sentano l’esigenza di avvicinarsi a prodotti naturali. Per questo motivo, le composizioni bio hanno un carattere rassicurante. E i cosmetici non sfuggono alla regola, grazie al fiorire di linee e marchi che si dichiarano 100% bio… o quasi.

Ma questa nuova rivoluzione giustifica l’abbandono delle formulazioni già testate?
Non del tutto… 
Questa passione improvvisa per i prodotti 100% naturali, ritenuti più puri ed efficaci, è un “ritorno alle origini”. 
E’ a partire dagli anni sessanta, che la chimica ha trasformato la cosmetologia, modificando textures, colorazioni e profumazioni, con l’inserimento nelle formulazioni di derivati del petrolio che hanno permesso una migliore conservazione dei prodotti. Allo stesso tempo, il progresso della scienza ha consentito di isolare molecole chimiche attive per idratare e nutrire la pelle.



Pesticidi, farine di origine animale, ulteriore danneggiamento del buco dell’ozono, sono tutti fattori che inducono il consumatore finale a preferire una soluzione naturale, ma che sia garantita e certificata. 

Una delle regole maggiormente apprezzate è stata l’introduzione, nel 2005, dell’obbligo di riportare in etichetta il PAO, period after opening, informazione indicata tramite il simbolo di un barattolo aperto seguito dall’indicazione del numero di mesi in cui il prodotto dopo il primo utilizzo può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore, ovvero il lasso di tempo massimo entro il quale il cosmetico deve essere utilizzato dopo l’apertura. 


E ancora, è importante informare che più conservanti sono presenti in quantità significativa, maggiore è la loro aggressività. Fanno eccezione i flaconi airless (diffusione a pressione con vuoto d’aria) privi di queste sostanze.
La domanda che ci si pone verte sulla qualità di cosmetici e ingredienti definiti 100% bio. I produttori, dal canto loro, si trovano di fronte a una scelta difficile. E’ meglio prendere in considerazione solo referenze di origine bio, anche se la qualità è minore, oppure inserire nella composizione ingredienti di qualità riconosciuta, anche se non provenienti da agricoltura biologica? Non esiste una risposta, perché la produzione del bio non è ancora uniforme e, soprattutto, è difficile assicurare una costante nella formulazione.
Il boom delle Spa ha ricordato ai clienti gli atout della cosmesi naturale. Gli oli essenziali, per esempio, hanno la proprietà di rafforzare la membrana cellulare. Contenenti fino a 300 principi attivi, ricchi di acidi grassi essenziali e di vitamine, queste sostanze si diffondono a livello cellulare.
I brand utilizzati nei centri benessere hanno ben compreso l’esigenza dei consumatori, per dimostrare la loro filosofia green. Per accontentare ogni richiesta della clientela, le Spa accostano un marchio bio ad uno di una data gamma. La cosmetica verde risulta efficace e fidelizza la clientela. 
Però per vendere bio è necessario credere realmente in questo concetto, perché è difficile vendere una linea cosmetica verde a una clientela abituata a prendersi cura della pelle in base alla sua tipologia (grassa, mista, disidratata) e non nella sua globalità, come vuole la filosofia olistica.
Al di là di una specifica clientela già mentalmente preparata a questo tipo di dinamica, è evidentemente difficile convincere tutti dell’efficacia dei marchi bio, soprattutto perché la maggior parte dei brand non sono del tutto persuasi della logica del verde e continuano ad appoggiarsi a formulazioni a zero rischi e dall’efficacia scientificamente provata.



ARTICOLO SCRITTO DA ME E GIA' PUBBLICATO SUL SITO www.voir.it

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